Accogliamo la sfida!

Piccoli gesti per un grande degrado

25 Marzo 2017

di Emanuele Tanzilli –

Parlare d’illegalità non sempre vuol dire soffermarsi sulle grandi questioni che turbano una popolazione, o l’umanità nel suo complesso. La criminalità organizzata, con la sua tentacolare impalcatura di attività e la sua pervasiva presenza in ogni anfratto della società, è un cancro di cui il più delle volte si riesce appena a scalfire la superficie.

Ma la malattia si manifesta anche con altri sintomi, talvolta meno evidenti e non per questo meno pericolosi, proprio perché subdoli, poco appariscenti, e spesso ignorati. Quanti, dunque, reagirebbero con una smorfia ascoltando una frase come “siamo tutti illegali”? Perché in sostanza è un male che affligge un po’ tutti, in misure e con modalità differenti; ma, come una malattia rimane sconosciuta fino alla visita di un medico, così questo rimane sconosciuto alla coscienza fino ad una riflessione approfondita e soprattutto obiettiva.

Non si tratta semplicemente di vivere nel rispetto delle leggi, o in completo spregio di esse. La storia c’insegna come possano esistere anche leggi sbagliate – basti pensare alle leggi razziali promulgate in Italia dal regime fascista nel 1938, o all’apartheid sudafricano rimasto in vigore fino al 1990 – e che dunque altri valori come il buonsenso, il rispetto del prossimo, l’equità sociale e la giustizia debbano guidare il nostro comportamento.

Legittimo chiedersi: è davvero così? A giudicare dai fatti, parrebbe di no. Vi è infatti una miriade di comportamenti, nella nostra vita quotidiana, che fanno ormai quasi parte dell’istinto, per cui vengono ripetuti meccanicamente senza che neppure ce ne accorgiamo. Gesti piccoli, quasi insignificanti agli occhi del singolo: dal parcheggio in doppia fila al mozzicone gettato in terra, dallo scontrino non emesso al biglietto non obliterato… Insomma, per dirla con una battuta, nessuno di noi cammina “con l’aureola in testa”.

Ma anche queste piccolezze meritano un approfondimento: ciò che è più evidente e lampante è che quel che appare un’inezia, se paragonato ad una sola persona, diventa invece un gigantesco problema, se rapportato alla collettività intera. Come ogni oceano è fatto di gocce, purtroppo anche l’illegalità si nutre di piccole azioni che, nel loro complesso, diventano criticità sul territorio; immaginate se tutte le persone del mondo si radunassero in un solo luogo, e ognuna di loro gettasse in terra una cartaccia: saremmo sommersi dalla sporcizia fino a non respirare più.

Si tratta di problemi che non emergono, proprio perché invisibili, almeno fino a quando non si raggiungono situazioni-limite, e questo ne rappresenta la loro pericolosità più esplosiva: l’indifferenza. Purtroppo, viviamo nell’epoca dell’indifferenza e dell’egoismo, e ciò che non fa scalpore non riceve più che pochi secondi di attenzione al massimo. Nel darvi appuntamento alla prossima settimana, per un ulteriore considerazione sull’argomento, vi lascio con questa celebre provocazione di Antonio Gramsci del 1917:

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.”

Naturalmente noi non condividiamo il sentimento di odio nei confronti di nessuna categoria, ma ci impegneremo sempre affinché tutti insieme si possa migliorare.

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