28 Ottobre 2016
di Antimo Verde – In quel lontano mese di luglio del 1969, quando il mondo intero era con il naso all’insù e con gli occhi incollati ai televisori in bianco e nero per assistere all’impresa dell’astronauta Neil Amstrong, che per primo conquistò la luna calpestando il suo suolo e pronunciando l’ormai storica frase: “E’ un piccolo passo per l’uomo ma un grande passo per l’umanità”, sicuramente si fantasticava che un giorno, magari nel nuovo millennio, quel piccolo satellite sarebbe potuto diventare una sorta di succursale della nostra Terra dove, magari, andarci in vacanza o nelle peggiore delle ipotesi trasferirsi quando il nostro pianeta non sarebbe stato più vivibile. Serie televisive come “Spazio 1999”, “Star trek” o “Ufo”, tanto in voga in quegli anni, avvaloravano tali ipotesi e supposizioni, in attesa di una tecnologia che avrebbe certamente permesso tali spostamenti e colonizzazioni.
Sono passati più di 50 anni da allora e, purtroppo, si continua a guarda la luna con il naso all’insù e ad immaginare quali altri pianeti, oltre a quelli già conosciuti, nel nostro sistema solare possano esserci e quanti altri possano esistere con caratteristiche simili a quelle del nostro pianeta. Anche lontanissimi, ma già l’idea che possano realmente esistere, certamente può farli sembrare più vicini.
Eppure incredibilmente, è da poco arrivata la notizia astronomica più importante degli ultimi anni. Intorno a Proxima Centauri, la stella più vicina a noi dopo il Sole, orbita un pianeta roccioso, poco più grande della Terra: “Proxima b”. Ma c’è di più. Infatti, la distanza dalla sua stella, una nana rossa, rientra nella cosiddetta fascia di abitabilità tale da consentire la presenza di acqua allo stato liquido.
Dunque, potrebbero esserci anche possibili forme di vita. Grazie ad un gruppo di astronomi che hanno usato i telescopi dello European Southern Observatory, si è scoperto che “Proxima b” ha una massa stimata che è circa 1,3 volte quella della Terra. A differenza della Terra che impiega 365 giorni per completare la sua orbita intorno al Sole, “Proxima b” orbita intorno alla propria stella in solo 11,2 giorni, standole a una distanza di circa 7 milioni di km.
Una distanza molto piccola, in termini astronomici, se confrontata con quella di Mercurio rispetto al Sole (58 milioni di km) o della Terra rispetto al Sole (150 milioni di km). Essendo Proxima Centauri una stella nana rossa, ha una luminosità che è circa un millesimo di quella solare, perciò gli astronomi hanno calcolato che “Proxima b” riceva soltanto 2/3 della luce che riceve la Terra e che pertanto si trovi nella cosiddetta “zona abitabile” e quindi, abbia una temperatura di superficie stimata compatibile con la presenza di acqua liquida.
Ovviamente, anche se “Proxima b” ha delle caratteristiche molto simili alla Terra per massa e temperatura, questo non significa che probabilmente si siano sviluppate forme di vita simili alle nostre. Peraltro, “Proxima b” rivolge alla sua stella sempre la stessa faccia, più o meno come fa la Luna con la Terra, mostrando, dunque, sempre lo stesso lato.
Pertanto, forme di vita potrebbero evolversi soltanto nella faccia in ombra, dove si potrebbe trovare l’acqua e dove ci sarebbe una maggiore copertura dalla pioggia di raggi ultravioletti e raggi X che la stella emetterebbe in enorme quantità sotto forma di brillamenti. Per adesso, è ipotizzabile che forme di vita dovrebbero essere più simili a microbi e batteri, visto che sarebbe necessario determinare se “Proxima b” abbia un’atmosfera.
Purtroppo le probabilità di scoprirlo nell’immediato non sono alte. Infatti, bisognerebbe aspettare che “Proxima b” transiti tra la sua stella e la Terra per analizzarla, puntando il telescopio “Hubble” verso Proxima Centauri e analizzare la luce della stella filtrata dall’atmosfera. In caso contrario, aspettare che nel 2024 sia pronto l’E-ELT, l’European Extremely Large Telescope, in costruzione in Cile, che con il suo specchio da quasi 40 metri di diametro, sarà in grado di catturarne la luce.
Nel frattempo, anche se “Proxima b” è quello più vicino, possiamo immaginare che tra i 100 miliardi di miliardi di pianeti presenti in tutto l’Universo, ce ne possano essere ancora tanti altri simili alla Terra, su cui un giorno, magari, l’uomo potrà andare, come successe in quel lontano 1969.