Accogliamo la sfida!

Auguri Paolo, l’Italia è orgogliosa di te!

di Emanuele Tanzilli –

La scorsa settimana ci eravamo soffermati sui legami, profondamente radicati, e sui pericolosi intrecci che esistono tra politica e criminalità organizzata. Un’analisi, se vogliamo, per lunghi tratti sconcertante e ricca di spunti di riflessione sulla società cosiddetta “civile” e sui meccanismi che la regolano. Ovunque ci sia in ballo il potere, o il denaro, o entrambe le cose, entrano in gioco interessi che spesso travalicano l’onore e la dignità personale, finendo per colludere con quelli delle mafie, che anzi trovano spesso la strada spianata per infiltrare le proprie attività nella gestione della cosa pubblica. Il potere si trasforma, così, da strumento al servizio del bene collettivo a possibilità di personalismi ed affari privati, da tutela dei cittadini a malvagio vessatore. Un sistema che si autoalimenta e si rafforza del suo stesso potere, in una spirale perversa di delegittimazione della sovranità popolare e oscurantismo.

Per fortuna, per un’Italia ammantata di vergogna, ce n’è un’altra che si mostra con orgoglio. Il 19 Gennaio rappresenta, infatti, la commemorazione della nascita di Paolo Borsellino.

Nato a Palermo nel 1940, studiò giurisprudenza e all’età di 23 anni divenne il più giovane magistrato d’Italia. Durante il suo lavoro come pretore di Monreale, cominciò ad entrare in contatto con il mondo della mafia ed in particolare con il clan dei corleonesi, la cui influenza all’epoca era fortissima. Nel 1980, assieme fra gli altri all’amico Giovanni Falcone, costituì un pool antimafia col fine di coordinare ed ottimizzare il lavoro fra i giudici. Ma i primi effetti giunsero soltanto nel 1982, quando, a seguito dell’omicidio del deputato Pio La Torre, e in seguito del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, venne finalmente istituito il reato di associazione mafiosa. Dal 1984 al 1987, Borsellino lavorò alacremente al “maxi-processo” che portò alla sbarra 475 imputati e a 19 condanne d’ergastolo. La sua posizione cominciava inevitabilmente a diventare sempre più scomoda: fin dall’inizio degli anni ’90, la mafia cominciò a predisporre dei piani per assassinarlo. E il 19 Luglio 1992, poco meno di due mesi dopo la strage di Capaci, in cui a perdere la vita fu Giovanni Falcone, Borsellino fu ucciso dall’esplosione di un’autobomba in via D’Amelio.

Quello che, forse in maniera anche un po’ banale, si evidenzia dal breve excursus sulla vita, le opere e l’attività di un uomo, universalmente riconosciuto come un eroe di Stato, è senza dubbio la passione e la dedizione al proprio lavoro. Scegliere di combattere la mafia non è mai una scelta semplice; i rischi e le possibili conseguenze sono fin troppo facili da prevedere. Quello che personaggi come Falcone, Borsellino, La Torre e Dalla Chiesa hanno fatto, oltre a tracciare un sentiero per innumerevoli altri eroi che hanno combattuto e combattono la criminalità, è stato soprattutto dimostrare che la mafia non è invulnerabile, che un’alternativa esiste e non è rassegnarsi al silenzio, ma opporsi ed anzi farlo ad alta voce.

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