21 Ottobre 2011
di Emanuele Tanzilli –
Quando si parla di criminalità organizzata nel nostro Paese, viene immediato pensare al meridione, ed in particolare alle Regioni maggiormente colpite e piagate dal fenomeno, dunque alla Sicilia se si tratta di mafia, alla Campania se si tratta di camorra, ed alla Calabria se si tratta di ‘ndrangheta. Ad un giudizio superficiale, l’ipotesi potrebbe essere presa per buona, ma chi conosce meglio i meccanismi e le dinamiche del fenomeno, sa bene che non è affatto così semplice. Basti pensare alla capacità che ha avuto la mafia siciliana, negli anni ’30 del secolo scorso, di “esportarsi” negli Stati Uniti d’America, dando vita alla leggenda di Al Capone e a decenni di sanguinosi scontri per il dominio di Chicago e dintorni.
In realtà, è ormai assodato ed evidente che le associazioni di criminalità organizzata posseggono diramazioni ed inflitrazioni su tutto il suolo nazionale ed anche al di fuori, soprattutto in Sudamerica. Lo sa bene Libera, la più celebre onlus italiana per la lotta alle mafie fondata da Don Luigi Ciotti, che al tema ha dedicato una due giorni di convegno nella “Fabbrica delle E” di Torino. “Mafie al Nord, dall’infiltrazione al radicamento”: questo il titolo, questo il tema portante su cui si sono avvicendati gli interventi di illustri personalità del mondo civile, da magistrati a studiosi, da giornalisti a forze dell’ordine, oltre che i tre sindaci di Torino, Milano e Genova, ovvero Stefano Fassino, Giuliano Pisapia e Marta Vincenzi. Al centro dell’attenzione, il nuovo codice antimafia entrato in vigore lo scorso 13 ottobre, che complica le cose agli amministratori dei beni confiscati, introducendo nuove norme in tema di prescrizione e di prevenzione, in sostanza volte a tutelare i creditori dei soggetti mafiosi. Ciò va chiaramente a discapito di un riutilizzo con fini di utilità sociale dei beni, e quindi delle attività di contrasto della criminalità.
Ma, per ricollegarci al discorso principale, quello della presenza delle mafie nel Nord dell’Italia, ci accompagnano le parole di Don Ciotti: “Le mafie sono forti se la democrazia è debole. E oggi la democrazia è molto pavida e molto debole. L’illegalità diffusa e la corruzione sono forti a causa dell’autoreferenzialità della politica, dell’anestesia delle coscienze e della caduta dell’etica”. Le conseguenze sono evidenti: a tutt’oggi, l’11% dei beni confiscati ogni anno si trovano al Nord, in particolare in Lombardia. Ecco allora che l’iniziativa di Libera si pone come un esempio, non solo per sfatare il falso mito della criminalità come prerogativa del meridione e dei meridionali, ma anche e soprattutto come presa di coscienza di un fenomeno dilagante, le cui influenze sulla popolazione sono sempre più incisive e devastanti. E sarebbe necessario che anche lo Stato mettesse in campo sforzi ingenti di contrasto e sensibilizzazione.