1 Aprile 2011
di Alessandro Grimaldi –
Era il 2 aprile del 2005, quando una voce straziata dal dolore disturbò il silenzio orante di un gruppo di giovani riuniti in preghiera per Giovanni Paolo II: “È inutile che preghiamo, è finito tutto!”. C’ero anch’io quella sera. Ebbi modo di condividere le lacrime di chi mi stava accanto. Volti giovanissimi che forse neanche sapevano che significasse perdere una persona cara, si ritrovavano a vivere il primo lutto della loro vita: era morto il loro Papa! Il loro, ma anche il nostro, figli degli anni ’70 e ’80, che siamo cresciuti con lui, lo abbiamo seguito: Buenos Aires, Santiago de Compostela, Denver, Manila, Parigi, Roma, Toronto.
“Va’, dolce grande uomo va’, parla della libertà. Va’ dove guerra, fame e povertà hanno ucciso anche la dignità. Va’ e ricorda a questo cuore mio che Caino sono pure io.” Quante volte ho cantato questa canzone o quante volte mi sono unito ai cori da stadio nei grandi raduni da lui convocati: “Giovanni Paolo … Giovanni Paolo”.
Caro amico di quella triste sera di sei anni fa, è passato del tempo, io ormai non più giovane mi guardo indietro e se è vero che penso a quel periodo come i migliori anni della mia vita, non credo che è tutto finito! Anzi, inizia una nuova stagione e la Chiesa, che deve affrontare nuove sfide, sa che può ancora contare su di lui: il Beato Giovanni Paolo II.
Nulla è finito per un vero fedele.